FANTASTICO #7, novembre 2023

Benvenute creature nella mirabolante newsletter mensile dedicata a tutto quanto è Fantastico.

Per chi fosse appena arrivato: Scartafaccio si occupa di letteratura fantastica, quindi Fantasy, Fantascienza, Horror, Weird e qualsiasi cosa ci sia tra questi generi. Ogni mese viene deciso un tema dal quale dipartono un contest di scrittura, dei post dedicati e una newsletter (questa qui).

Il tema del mese di novembre è Sostanze. Un tema che Instagram ha digerito maluccio, infatti da qualche settimana le mie statistiche sono precipitate. Ma sinceramente non mi interessa. Coloro che mi seguono sono tutte persone vere (in gergo si dice organici, è un termine orribile), che hanno deciso che quello di cui parlo è per loro interessante. Se Instagram ha deciso che non vuole far vedere i miei contenuti al di fuori di questa cerchia, amen. Ma se voi doveste avere il prurito di condividere con i vostri amici qualche mio post, non fatevi problemi eh.

 Vi ricordo che avete ancora qualche giorno per mandarmi un vostro racconto da massimo 5'000 battute di genere fantastico e che sia attinente al tema del mese. Il racconto che mi colpirà maggiormente vince la pubblicazione sul profilo e qui sulla newsletter.

Ma bando alle ciance.

Quello delle sostanze che alterano la coscienza è un tema sempre caro alla fantascienza e attraversa più o meno tutta la produzione, dagli anni ’30 fino ai giorni nostri.

Ma la droga non è sempre stata solo un espediente narrativo per immergerci in mondi strani o come metafora per messaggi più ampi. La droga (che bello poter scrivere le parole per esteso, senza paura di censure algoritmiche, scusate ora la smetto) è anche stato uno strumento per molti autori per essere più produttivi o visionari. L’esempio più eclatante è Lo strano caso del Dotto Jekyll e di Mister Hyde (1866), scritto da Robert Luis Stevenson in sei giorni perché fatto come una pigna di cocaina.

Sono molti gli autori che facevano uso (o più spesso abusavano) di sostanze stupefacenti. Philip K. Dick, notoriamente conosciuto per le sue storie psichedeliche e contorte, faceva regolarmente uso di speed. Il mio amore Aldous Huxley era più naturista e usava mescalina, LDS e funghetti. Recuperate Mondo Nuovo, vi prego. William S. Borroughs, famoso per la sua scrittura sperimentale e per “Il Pasto Nudo”, faceva largo uso di morfina ed eroina. Poi abbiamo il King of Horror, il nostro caro Stephen, che non ha mai fatto troppo mistero dei suoi problemi di dipendenza da alcool e cocaina.

Nei prossimi giorni arriva anche un post abbastanza ciccio di consigli di lettura. Come al solito mischierò senza soluzione di continuità saggistica a romanzi. Fatemi sapere cosa ne pensate.


Da ascoltare

La sedia bianca è un podcast a cura di Gaja Mantegari che tratta perlopiù di storia, attraverso la lente degli interessi personali dell’autrice. Insomma, è laureata in Storia ma le piace un po’ tutto quello che piace anche a me. Qui vi consiglio l’episodio La storia dei Veleni.

Da leggere

Un estratto da “La scommessa psichedelica” a cura di Federico Di Vita, pubblicato su Esquire. Molto ben ricercato.

Da vedere

“Make room! Make room!” è un romanzo del 1966 di Harry Harrison da cui nel 1973 è stato tratto il film “Soylent Green” con Charlton Heston. In Italia i Los Titolistas (cit. Lucia Patrizi) hanno ben pensato di farlo diventare “I sopravvissuti” ma tant’è. In una metropoli sovrappopolata e calda come l’inferno, un detective deve indagare sull’omicidio di un facoltoso affarista. Un film distopico e ancora godibilissimo che per adesso è ancora disponibile su Dailymotion. Consiglio di affrettarsi a recuperarlo.  


Le recensioni del mese

La mia produttività, sia per quanto riguarda la lettura sia per quanto riguarda le recensioni, è ai minimi storici. Qui vi propongo la recensione di “Faune” di Christiane Vadnais, un romanzo a racconti intrecciati che è ascrivibile alla corrente climate fiction. Spoiler: a me è piaciuto.


Il mio account Ko-fi sta lentamente prendendo forma. Troverete infatti lì gli approfondimenti al tema del mese che non ho intenzione di pubblicare su IG. A novembre, per esempio, ho pubblicato la storia delle Radium Girls.

Perché Ko-fi? Su Ko-fi è possibile postare, commentare, seguire e sostenere con piccolissime donazioni molti tipi di progetti. Instagram, con l’algoritmo che punisce e una generale superficialità tossica, sta cominciando a starmi stretto, quindi resterà perlopiù una vetrina delle mie attività.

I contenuti su Ko-fi saranno aperti a tutt* ma chi vuole potrà sostenere il mio lavoro con una donazione occasionale oppure fissa mensile.


Bene, siamo arrivati alla fine di questo sproloquio. Come sempre: se vi è piaciuto leggermi fatemelo sapere. Mi trovate su Instagram, su Facebook, su Blogspot e su Ko-fi.