Il racconto di novembre 2023
Salve creature e benvenute al racconto del mese. Prima di passare alla parte gustosa, voglio ricordarvi che dal 1. dicembre riparte il favoloso calendario dell’avvento weird dello Scartafaccio. 24 racconti da tutti gli angoli del fantastico. Ci sono ancora posti disponibili, quindi se avete 1’000 battute che vi avanzano, mandatemele direttamente per DM su Instagram.
Ma ora spazio al racconto del mese.
La danza selvaggia, di Sara Lepore
Esseri celati dietro a maschere mostruose risalgono la via maestra, tra risate, schiamazzi e il tintinnio inquietante dei campanacci. Vengo travolto da quella folla di lupi, orsi, caproni e creature dalle fattezze spaventose. Anche io ho una maschera, ma non ricordo di averla indossata. So solo che il respiro caldo mi rimbalza sulle guance e si lascia dietro uno strato umidiccio.
Senza rendermene conto mi ritrovo a camminare tra la nebbia e scorgo il vecchio Karl, fermo immobile ad un angolo.
«Karl! Non mi aspettavo di vederti!» L’anziano sgrana gli occhi e mi sorride di rimando, visibilmente meravigliato. Il suo incarnato è pallido come la luna.
«Nemmeno io me lo aspettavo!»
Stelline nere sbocciano davanti ai miei occhi e cerco di acchiapparle, ma ondeggio sulle gambe malferme. Mi gratto la nuca, confuso. «Credevo fossi morto il mese scorso!» Scoppio a ridere, ma Karl mi rivolge un cenno del capo e si infila lesto in una stretta viuzza, inghiottito dalle tenebre.
Incerto, riprendo la mia marcia controcorrente, ma non ricordo più dove ero diretto. Infilo la mano nella tasca del cappotto ed estraggo un involto di carta cerata: contiene funghi ambrati, scuriti dall’essiccazione. Le sghembe cappelle sono ancora punteggiate di bianco. «Non esagerare con questi», mi ha avvertito il tale che me li ha venduti. Scrollo le spalle e me ne ficco in bocca un altro paio. Il gusto di terriccio e muffa mi esplode sotto ai denti, tracanno una sorsata di vodka che tengo nella fiaschetta di rame. Ho l’impressione che i sanpietrini si stiano deformando sotto ai miei piedi e che ondeggino come una distesa d’acqua.
Una mano mi batte sulla spalla; il cuore mi balza nel petto e la fiaschetta ruzzola giù per la discesa in una cacofonia metallica.
«Perché te ne stai tutto solo? È una notte di festa, è carnevale!» Un giovane uomo, di una bellezza ultraterrena, mi osserva. Indossa un sorriso spettrale, che nessuna maschera saprebbe eguagliare.
«E tu chi saresti?» Ho la lingua allappata, temo mi si appiccichi al palato come caramello fuso.
«Chiamami pure il “re”!» L’interlocutore strizza l’occhio e mi invita a seguirlo. Le lunghe dita affusolate avviluppano il mio avambraccio saldamente.
«Raggiungiamo gli altri, vieni.» Lo seguo lungo la strada affollata, serpeggiando tra le case, i cui muri tentano meschini di intrappolarmi. Trattengo il respiro per il terrore.
Scorgo un’altra volta il vecchio Karl, attorniato da un gruppo di anziani. Lo saluto ancora e lui si limita a indicarmi, suscitando l'attenzione dei suoi compagni che si voltano a fissarmi. Rabbrividisco.
Il re mi conduce alla piazza del mercato, illuminata d’oro da bracieri scoppiettanti. «Uniamoci alle danze», mi esorta. Una musica incalzante rimbomba per tutta la piazza, e le note echeggiano contro le pareti di pietra degli edifici. I portici risucchiano i suoni e li scaraventano nelle vie che si congiungono in piazza. I tamburi scandiscono il ritmo di melodie selvagge, mentre i corni liberano note solenni che sembrano insinuarsi sottopelle.
Numerose persone danzano senza sosta, tra salti, giravolte e passi tripudianti. Creature terrificanti, sulle cui maschere si riflettono le fiamme dei bracieri. Diavoli e diavolesse danzano in cerchio, le braccia sollevate verso il manto oscuro, privo di stelle. Gelide mani afferrano le mie e mi guidano in un vortice danzante, che si allarga e si stringe a ritmo di tamburi risonanti. Dal lato opposto del cerchio, il re mi rivolge un sorriso. «Balla, ragazzo, balla!» Grida al di sopra del baccano. «Balla come se fosse la tua ultima notte!»
Volteggiamo, una, due, cento volte e sono ebbro di gioia e di frastuono. Una diavolessa mi offre una coppa di vino e una strega mi rovescia in bocca un liquore alle erbe amarognolo.
«È meraviglioso!» Corro verso il re, incespicando sui miei stessi piedi indolenziti. I muscoli delle gambe si ammosciano per la stanchezza.
«Sono felice che tu ti sia unito a noi.» Mi stringe in un abbraccio vigoroso. Affondo il viso tra i suoi lunghi e setosi capelli, ma la maschera mi impedisce di coglierne il profumo.
Solo allora mi accorgo che il cielo ha assunto la tonalità violetta.
«Tra poco il sole sorgerà e il carnevale giungerà alla fine. Dobbiamo spostarci verso la foresta», mi comunica il mio nuovo amico. Batte le mani e la sua gente inizia a defluire per le vie, scortati dall'incessante ritmo di corni e tamburi.
Mentre seguo i celebranti verso la foresta, percepisco una voragine allo stomaco, e ingurgito gli ultimi funghi.
Scorgo il margine della fitta foresta e avvolgo le dita attorno alla mano del re. «Ti prego», lo supplico, «continuiamo a festeggiare!» Lui annuisce e il suo volto si illumina.
D’un tratto, una bambina si ferma davanti a me e mi osserva sbigottita. Strattona la gonna della madre. «Mamma? Quest’uomo parla e danza da solo?»
«Sarà l’ennesimo ubriacone che ha esagerato a far baldoria», afferra la mano della figlioletta e lancia un’occhiata impaurita alle mie spalle, «oppure, chissà, danza con gli spiriti!»
Sara Lepore, astigiana dal 1991, laureata in Comunicazione Internazionale per il Turismo e aspirante docente d'inglese. Appassionata di viaggi e lingue straniere, mi perdo tra le pagine di romanzi fantasy e racconti di fantascienza e horror. La mia ossessione per i castelli e la vita medievale si traduce in un costante desiderio di esplorare luoghi che raccontano storie passate. Quando non mi immergo nella lettura e la scrittura guardo serie TV, anime e film mind-blowing.