FANTASTICO!

racconto

Al parco non si gioca con la terra, di Giulia Massetto

[Al parco non si corre, non si urla, non si va sul fango, non si gioca con la terra. Lo sanno tutti, tranne i bambini, che a questo punto era meglio stessero a casa a strafarsi di Frisbee, Cartoonito e Nutella]

– Ma si può ridursi così? Vara che roba! Anto, non hai proprio capito un tubo, allora!

– Eh, cara… Sempre così, qui.

Continua...

Nebula on the rocks, di Alessandro Mazelli

«Spariti! Andati! Puf!»

«Calmati Jared.»

Susan invitò il collega a sedersi ma l’uomo continuò a gesticolare da un capo all’altro dell’ufficio. La dottoressa sospirò, prese due bicchieri e li riempì di ghiaccio, l’unica cosa presente su quell’enorme pianeta.

«Spiegami cos’è successo» aggiunse poi, mentre apriva la bottiglia di whiskey piena a metà e ne versava il contenuto. I cubetti sfrigolarono al contatto con l’alcol.

«I satelliti Guardia sono scomparsi, tutti e quattro» Jared afferrò il bicchiere e tracannò il liquido in un unico sorso.

Susan storse la bocca.

«Difficile si siano guastati nello stesso momento. Hai…»

«Ho controllato tutto il controllabile!»

«Non mi interrompere, Jared.»

«Certo, scusa» L’uomo infossò la testa nelle spalle, il viso bianco come il manto gelido che avvolgeva Tau-Alba. La dottoressa gli fece cenno di proseguire. «Comunque, ecco… Tu sei il capo, qui. Puoi controllare sul tuo terminale. Magari hai più dati a disposizione.»

La donna bevve il whiskey e ruotò sulla poltroncina girevole. Non nutriva molte speranze su quella ricerca. La sua postazione serviva a gestire l’estrazione del ghiaccio da inviare alla Colonia Spaziale 37 e a coordinare le decine di stazioni sparse su Tau-Alba. Per il resto, aveva pochi applicativi in più rispetto al sottoposto.

«Non riesco ad agganciare i segnali dei Guardia. Dovremo inviare una nave a verificare, non voglio che la rotta con la Colonia sia scoperta. Ah… Però il programma mi restituisce un errore anche se cerco di connettermi alla linea di satelliti Cielo.»

«Andati anche loro?»

Susan ruotò rigida con la sedia e guardò l’uomo negli occhi. Aveva percepito un tremito nella sua voce. Paura? O erano i dieci gradi fissi nell’ufficio?

«Non credo, Jared» disse tornando a sondare il terminale. «Potrebbe essere un problema a livello di software, a questo punto. Contatta la sezione informatica.»

Il buio calò all’improvviso. La dottoressa scattò in piedi, seguita da un gridolino del collega. Si avvicinò alla finestra e scrutò il campo. In oltre trent’anni di servizio, non aveva mai visto una tempesta su quell’Antartide spesso centinaia di chilometri, ma una nube nera, alta all’orizzonte, aveva appena oscurato il sole. Indossò la tuta pesante da esterno e gli occhiali protettivi, quindi uscì.

Il vento gelido le schiaffeggiò il viso con forza mentre posava il piede sulla coltre di neve e ghiaccio. Il sibilo dell’aria era l’unico suono che giungeva alle sue orecchie: niente trivelle, niente seghe, niente carrelli magnetici, niente generatori.

«Ma non lavora più nessuno?» si chiese ad alta voce, sbuffando una nuvola di vapore irregolare.

«Non più, dottoressa!» Dall’hangar sulla destra emerse l’addetto alle comunicazioni; dietro di lui, alla porta, si accalcavano gli altri del campo.

«Calvin! Si può sapere che sta succedendo?»

«Stavo venendo a cercarla. Le… le stazioni dall’altra parte di Tau-Alba sono state spazzate via, un paio di minuti fa.»

Jared gridò di nuovo e si lanciò di corsa verso l’hangar. Susan lo seguì con lo sguardo, poi tornò all’addetto.

«Spazzate via?»

«Ero in comunicazione con la stazione theta quando…» scosse la testa. «Dobbiamo evacuare, subito! Si avvicina!»

La dottoressa seguì il dito di Calvin, che puntava verso la tempesta. L’orizzonte era nero come pece, una nube densa quanto il piombo si allungava nel cielo, con cinque propaggini filiformi, ormai quasi allo zenit sopra la base.

«Via! Lasciamo Tau!»

Sfrecciarono verso la rimessa, il gelo che si infilzava nei polmoni in schegge acuminate, il ghiaccio che scricchiolava sotto le suole chiodate. La navetta era già pronta al decollo: i piloti non avevano atteso l’ordine per decidere che fosse tempo di lasciare il freddo del pianeta per quello dello spazio. Susan diramò il segnale di evacuazione generale a tutte le stazioni di Tau-Alba – a quelle ancora integre, almeno – e si legò al sedile.

Mentre l’accelerazione la schiacciava contro l’imbottitura, pensò a tutto quello che aveva lasciato sul suo pianeta di ghiaccio. Compagni, attrezzature. La sua stessa vita, per oltre tre decadi congelata tra una stazione e l’altra di quel mondo sottozero. E persino una bottiglia di whiskey ancora piena per un terzo.

Ma, una volta fuori dall’atmosfera, non appena riuscì ad avvicinarsi alla vetrata che dava sull’esterno, convenne che no, non avrebbe mai più bevuto in vita sua.

Sembrava la scia di una cometa proveniente dallo spazio profondo, intessuta di filamenti rossastri che si intrecciavano in una nebulosa infinita. Vicino a Tau-Alba si scorgevano due piccoli pianeti, immersi nelle volute color fuoco, quasi due occhi famelici, e una spirale di gas denso che si avvitava a formare un cilindro a scala planetaria, quasi fosse… un bicchiere?

La nebulosa attorno a Tau pareva una grinfia, le propaggini erano delle dita pronte a stringersi.

Susan poggiò una mano sul vetro. Il suo pianeta era appena diventato il ghiaccio per un cocktail di dimensioni cosmiche. Sbuffò dalle narici con un sorriso amaro e sussurrò: «Un nebula on the rocks…».


Alessandro Mazelli è nato a Gorizia nel 1993, ma si è appassionato al fantasy e alla fantascienza solo all'università. Ingegnere civile di professione, è convinto che strutture e racconti siano affini: in entrambi i casi è necessario progettare e costruire.

Ha vinto per due anni consecutivi il concorso “Lo Scrigno dei Racconti” con le opere di fantascienza “Composizione Vettoriale” (pubblicata in antologia da Runa, 2021) e “Bio-Tensore di Alimentazione” (2022, l'antologia uscirà a breve!). Nel 2021, il suo racconto “Sogno di un elfo musicista” ha vinto il concorso “Sogni di Fantasy” ed è stato pubblicato nell’omonima antologia di beneficenza da PAV Edizioni (2022). Ha all'attivo altri racconti fantascientifici usciti su riviste del fantastico e, da buon ingegnere civile, ha in cantiere altri progetti fantasy e sci-fi, compreso il suo primo romanzo.

#racconto

Energia interiore, di Giuliano Olivotto

Stella arrivò alla centrale elettrica con un senso di eccitazione, ma anche di timore. Le scanalature frastagliate delle pareti di cemento si innalzavano sopra di lei in un intreccio di arabeschi, fino a raggiungere una struttura centrale composta da travi metalliche argentate che si perdevano nel cielo del mattino.

Era il suo turno annuale e Alex l'aveva salutata dall'interfono con una voce metallica e gracchiante il giorno prima, quando era in piena decontaminazione. Fortunato bastardo. Un anno lì dentro e poi libero. Sarebbe toccato presto anche a lei. Stella non sapeva cosa avrebbe trovato una volta superato il massiccio cancello di contenimento finale, ma si era preparata bene e conosceva a memoria il manuale operativo.

L'aria era densa di odore di olio e di metallo bruciato, e l'unico suono era il tonfo costante dei macchinari in movimento. Si chiese come mai “quelli di prima” avessero pensato a una cosa del genere, considerando che a quel tempo le religioni esistevano ancora.

Seguì i cartelli direzionali, inoltrandosi nell'impianto. Passò accanto a camere buie, alcune piene di grandi turbine che giravano scintillando e altre contenenti grandi serbatoi di vetro pieni di uno strano liquido radiante.

Raggiunse infine la sua destinazione: la sala di controllo. Questa era una grande camera triangolare piena di monitor spenti, pulsanti e leve. Al centro della stanza spiccava un grande cilindro pieno di gas luminescente. Le era stato detto che qui si trovavano “le ombre”.

I fantasmi erano la fonte di energia dell'impianto. Erano le anime di coloro che erano stati esseri umani come lei. Una volta passati a “miglior vita” la loro energia era stata risucchiata automaticamente dall’impianto e immagazzinata nelle vasche. Stella era ancora stupita: nonostante tutto, non era stato facile digerire “il segreto”. Non che avesse avuto scelta. L’avevano selezionata, le avevano svelato il miracolo dell’energia infinita... a quel punto le avevano concesso solamente se accettare il turno annuale o finire nelle vasche prima del tempo. Tutti coloro che avevano prestato servizio alla centrale per un anno potevano andarsene dal pianeta e lasciare che la loro essenza si disperdesse nel cosmo invece di alimentare le megalopoli sulla superficie.

Il compito di un operatore con un corpo era sempre stato solo quello di risiedere all'interno dell'impianto. E se i pulsanti e le leve, se premuti, non avessero funzionato? E se alcuni monitor non si fossero attivati? Questo era tutto ciò che veniva spiegato nel manuale. Un gioco da ragazzi.

Stella si avvicinò al cilindro al centro della camera e contemplò i vortici di figure eteree che si mescolavano l'una nell'altra. Sembrava esserci una consapevolezza nello sguardo dei fantasmi, un accenno a qualcosa di “vivo”.

Impossibile.

Mentre Stella rimaneva immobile, avvertì una strana sensazione nella sua mente. Era come se i fantasmi cercassero di comunicare con lei, cercando di attirarla più vicino al serbatoio. Sapeva che i fantasmi non erano altro che fonti di energia, incapaci di qualsiasi tipo di comunicazione. Si era preparata bene.

Tuttavia, la sensazione persisteva, rafforzandosi di momento in momento. I fantasmi la stavano chiamando, le loro voci riecheggiavano nella sala di controllo. Stella non riuscì più a resistere all'attrazione. Si avvicinò al serbatoio.

I fantasmi cominciarono a turbinare nei suoi pensieri, implorandola di liberarli dalla prigionia. Per un attimo si convinse che liberarli fosse l'unica opzione possibile. Invece trovò il pulsante rosso lucido sulla console accanto a lei. Era etichettato come “Contenimento di emergenza”. Era stata addestrata a premerlo se ci fosse stata una perdita nel serbatoio o in qualsiasi altro caso di pericolo imminente.

Non appena premette il pulsante, le porte della camera triangolare si chiusero e l'aria cominciò a fuoriuscire. Stella cercò di respirare, ma intorno a lei c'era solo il vuoto e il canto sommesso dei fantasmi che ora si erano acquietati. Cercò di respirare, ma era troppo tardi.

Una parte di quella che era stata Stella cadde a terra, mentre l'altra si fuse con le anime del serbatoio centrale, diventando un tutt'uno con l'energia che alimentava la centrale. Era ormai parte della macchina, una fonte di energia per le megalopoli sovrastanti.

Mentre il sistema continuava a ronzare e a vorticare intorno a lei, Stella si rese conto con sgomento della sua condizione. Era intrappolata nel serbatoio e tutto era già stato pianificato. Alex non se n'era mai andato e quello che aveva sentito nella camera di decontaminazione era solo un messaggio sintetizzato da un'IA. Ne era sicura perché la forma fumosa di Alex era insieme a lei ora. Un anno lì dentro e poi libera. Stella avrebbe aspettato il prossimo essere vivente... un anno intero, ma poi lei... loro... avrebbero convinto l'operatore a liberarli.

L'ultima cosa che udì prima che la sua coscienza si fondesse con le altre fu il ronzio costante delle macchine al di sopra di una sinfonia di pensieri.


Giuliano Olivotto è uno scrittore italiano laureato in sociologia e appassionato di fantascienza e storie strane. È sposato, ha due figli e vive in Italia. Appassionato di idee nuove per rendere la propria vita piacevole, significativa e a volte impegnativa, scrive disegna e crea contenuti digitali che condivide sui propri profili social. Nel 2021 è stato coautore di un romanzo di fantascienza positivo e di crescita personale intitolato “Operazione Farfalla”: Mostra i tuoi veri colori – Investi nel tuo futuro” e questo è diventato lo stimolo per raccogliere i suoi racconti e compilarli nell'antologia soprannaturale piena di personaggi oscuri e incubi ai confini della realtà pubblicata nel 2022 “Il Senza Morte, Il Senza Sogni e gli Altri Oscuri Compagni”.

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